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di Filippo Triola

Alla fine della seconda guerra mondiale l’Italia era riuscita a conservare la continuità istituzionale, mentre in Germania la sconfitta del Terzo Reich aveva di fatto posto fine allo Stato unitario sorto nel 1871. Nel caso tedesco la formula della «resa incondizionata» determinava la cessazione dello Stato. Le autorità d’occupazione alleate assumevano la suprema autorità su tutto il territorio tedesco. Le direttive di massima sulla Germania furono definite nel corso della conferenza di Potsdam (17 luglio – 2 agosto 1945). Si trattò di un momento di cruciale importanza per la storia tedesca del dopoguerra. Stati Uniti, Gran Bretagna e Unione Sovietica concordarono gli aspetti principali dell’occupazione, determinando così uno status quo rimasto inalterato nella sostanza fino al 1947, quando entrò in vigore l’unione della zona di occupazione inglese e americana, la Bizona.

All’interno del percorso di ricerca intitolato «il “1946 italiano” visto da fuori», l’obiettivo della ricerca sarà una ricognizione delle narrazioni pubbliche tedesche intorno alla rinascita democratica dell’Italia e al fondamentale passaggio del referendum del 2 giugno 1946. Nell’ambito del processo di “democratizzazione” della Germania deciso a Potsdam, infatti, le quattro forze alleate di occupazione autorizzarono la ripresa delle pubblicazioni di giornali e quotidiani. Inoltre, il progetto si interrogherà sul rapporto tra discorso pubblico e dibattito politico interno ai nuovi partiti tedeschi di fronte all’esito del voto del referendum e al percorso di democratizzazione che le forze politiche antifasciste stavano portando avanti in Italia. Si tratta di aspetti che la contemporaneistica italiana e tedesca sui rapporti tra i due paesi non ha ancora indagato e su cui non esistono significativi contributi di riferimento.

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