La fine della seconda guerra mondiale ha segnato l’avvio dei processi di transizione alla democrazia in molti paesi europei, dopo la fine dei regimi fascisti e autoritari. Per lungo tempo gli storici hanno utilizzato le categorie di dopoguerra (da ultimo, in modo magistrale, Tony Judt), e di post-fascismo per indicare questa fase di passaggio dalla guerra alla pace. In tempi più recenti, in particolare nella storiografia francese, la categoria di sortie de guerre (prima relativamente al primo conflitto mondiale) è stata utile per mettere a fuoco un passaggio che non è solo strettamente politico, attraverso il profondo rinnovamento delle strutture istituzionali, ma anche culturale e sociale.
Il primo apporto di questo spostamento di prospettiva è quello di offrire una periodizzazione più stringente degli anni che seguono la conclusione del conflitto, e allo stesso tempo più “mobile” e legata ai contesti geografici specifici. In questo contesto il biennio 1944-1946 rappresenta un momento di incubazione, di elaborazione e di realizzazione di passaggi significativi dei processi verso la democrazia sia in Italia sia in Francia. Il referendum del 2 giugno in Italia, con l’affermazione della repubblica e l’elezione dell’Assemblea costituente, così come l’istituzione della IV repubblica in Francia nell’ottobre dello stesso anno, costituiscono dei punti di svolta, ma che si inseriscono in un processo avviato negli ultimi anni di guerra di riflessione. All’interno di questa riflessione più ampia conviene inserire l’analisi del referendum del giugno 1946 visto dalla Francia.
Obiettivo di questo lavoro è ricostruire gli sguardi incrociati fra Italia e Francia. In altre parole, vi è stata una forte attenzione reciproca riguardo alle scelte compiute: la Francia mostra un grande interesse per il cambiamento di regime politico, per la fine della monarchia e per l’amnistia per i reati di collaborazionismo, e allo stesso momento l’Italia guarda alla Francia come modello per il sistema d’epurazione e per la rifondazione della repubblica francese. In particolare in questo studio ci si soffermerà ad analizzare gli scambi e le riflessioni avviate all’interno del mondo resistenziale italiano e francese – il Comité National de la Résistance e il Comitato di Liberazione Nazionale Alta Italia – dal 1944 riguardo alle ipotesi in campo per la transizione alla democrazia e i progetti costituzionali, prestando una particolare attenzione al processo epurativo e al suo svolgimento in Italia e in Francia, momento considerato in entrambi paesi come “rigenerativo” rispetto al passato autoritario e fondativo per la democrazia appena istituita.
Questo lavoro vedrà in una prima fase un ampio spoglio delle fonti conservate negli archivi in Italia e in Francia, al fine di rintracciare i punti di contatto e scambio fra attori e movimenti resistenziali in Italia e in Francia nel 1944 fino alla primavera del 1945 (in particolare in Francia l’archivo del Comité d’histoire de la deuxième guerre mondiale, l’archivio privato di Henri Michel, in Italia la documentazione conservata presso la rete degli archivi degli Istituti della Resistenza, segnatamente l’Istoreto – l’istituto regionale piemontese). In una seconda fase la ricerca si concentrerà – a partire da una disamina molto attenta della stampa – ad analizzare il periodo che va dalla seconda metà del 1945 all’estate del 1946, quando nel nuovo contesto politico, vengono riallacciate relazioni politiche e culturali fra Italia e Francia tanto attraverso scambi culturali e contatti politici, tanto attraverso l’organizzazione di mostre storiche dedicate all’esperienza resistenziale (le fonti al riguardo sono disponibili in particolare presso il Ministero degli Esteri e il Ministère des Affaires Etrangères nelle sezioni dedicate rispettivamente all’Italia e alla Francia). Si indagheranno pertanto contatti e sguardi incrociati fra i due paesi dei processi in corso: quello epurativo, nonché il percorso che porta a un nuovo progetto costituzionale in entrambi i paesi.