L’Italiana (Renato Zero), 1998

Non è il fascino ruffiano di una bandiera

la carezza di un dialetto, né una melodia

una cucina così povera ma sincera

allora che cos’è che mi lega a te

Quella faccia strafottente, così italiana

di coraggio, di passione, di gelosia

stai nel recinto anche tu

in questo ghetto ci stai

per non vivere più

che bell’esempio che dai…

Non rinuncerò

io non sbarrerò la porta…

non accetterò

che la faccia mia sia un’altra ed io,

quanto ti ho amata pure io

ma questo cielo oltre che il tuo,

è pure il mio,

la stessa anima

più malinconica, se questo è un oblio!

Da quel primo bacio dato senza pensare

nel timore che un amore ci porti via

migrazioni naturali quelle del cuore

valige che pesano

Non c’è terra non c’è mare che può spiegare

quale mistica attrazione ci tiene qui…

pronti a soffrire così

sono secoli ormai

le differenze fra noi

le appianeremo se vuoi…

Madre anche tu

salva almeno le apparenze

tutti figli tuoi

dalla Sicilia fino in Piemonte, e io

se ti ho difesa lo sa Dio

ma il tuo pensiero non è più limpido…

Folle nostalgico

vivo di questa mia utopia… cara democrazia

Non ci vedrai più

tutti intorno a una bottiglia

non ci entriamo ormai

nel ritratto di famiglia, e tu

più delirante di così

madre dimenticata lì in un angolo

un ruolo scomodo

siamo davvero figli tuoi… così sicura sei…

Io ci spero sai…

Che quel silenzio arrivi, mai!

Segnalazione di: Marcello Ravveduto

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